L'ONOR DEL MENTO
OVVERO RITRATTI DI FACCE BARBUTE
In epoca romana la prima tonsura segnava il passaggio all’età adulta, la barba tagliata veniva conservata in un’urna e offerta agli dei. Quel giorno era un giorno di festa. I Romani mettevano in relazione la barba al pensiero di giovinezza, per questo la coltivavano senza tagli fino al compimento del quarantesimo anno. Nel III secolo a.C. comparve, proveniente dalla Sicilia greca, la figura del barbiere e ben presto anche tra i Romani attecchì la consuetudine di sbarbarsi come già avveniva nel mondo ellenico. Sul finire del secolo radersi era ormai usanza comune ed esibire una folta barba era prerogativa di soli filosofi, legislatori e letterati. Presso i popoli antichi la barba era considerata espressione di saggezza, potere e virilità. Era talmente alta la considerazione che su di essa si giuravano la propria buona fede e il proprio onore. Tra gli Spartani i codardi non erano degni di portarla e venivano condannati a farla crescere solo su un lato del viso, mentre per alcuni saggi la rasatura era ritenuta una debolezza e segno di effeminatezza. I guerrieri riponevano in essa la sede del coraggio e della forza e ritenevano che creasse timore fra i nemici. La rasatura dei guerrieri caduti in mano nemica era considerata un oltraggio, la peggior offesa e umiliazione che si potesse subire. La storia è ricca di episodi che ne descrivono il suo straordinario potere, tale da essere persino causa di lunghi conflitti. Dalla sua foggia si poteva ascrivere l’appartenenza ad un determinato popolo oppure ad una ben definita fede religiosa. In Sardegna nel periodo di annessione al Piemonte la barba fu messa al bando con un Pregone in quanto elemento distintivo del banditismo. Col passare dei secoli ha perso i suoi valori originari tuttavia anche in tempi recenti ha caratterizzato fenomeni sociali giovanili o certificato l’adesione a movimenti politici o culturali.